Ferie e assenze
Motivi per negare la riduzione dell’ orario di lavoro
Scopri i motivi legittimi per negare la riduzione dell'orario di lavoro secondo la legge. Informati ora con Sesame HR!
Ferie e assenze
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Roberta Di Giuseppe
HR Consultant
29 de Maggio, 2025
Quando un dipendente si rivolge all’azienda per richiedere la riduzione dell’orario di lavoro, è importante valutare con attenzione la richiesta, tenendo conto sia delle esigenze personali del lavoratore, sia delle necessità aziendali. Anche se in molti casi si tratta di un diritto riconosciuto dalla legge, ci sono situazioni in cui è possibile e legittimo negare la riduzione dell’orario di lavoro.
La riduzione dell’orario di lavoro è un istituto giuridico previsto dall’ordinamento italiano, che consente al lavoratore di modificare il proprio orario settimanale o giornaliero per un determinato periodo di tempo, solitamente per motivi personali o familiari.
A differenza di un part-time volontario, la riduzione di orario avviene a richiesta del lavoratore, e può essere temporanea o permanente, a seconda dei casi.
In Italia, la normativa di riferimento è contenuta nell’articolo 37 del Decreto Legislativo 151/2001 (Testo Unico sulla maternità e paternità ), nell’articolo 8 della Legge 53/2000, e nel Codice Civile. Tali norme stabiliscono il diritto alla riduzione dell’orario per:
Tuttavia, il diritto non è assoluto: in alcuni casi, il datore di lavoro può negare la riduzione dell’orario di lavoro, purché sussistano motivi oggettivi e documentabili.
Ci sono molte ragioni per cui un dipendente può chiedere di lavorare meno ore. Nella maggior parte dei casi, si tratta di esigenze personali o familiari. Vediamo.
Il caso più frequente riguarda genitori che vogliono trascorrere più tempo con i figli piccoli. La legge italiana tutela questo diritto, offrendo la possibilità di ridurre l’orario senza dover lasciare il posto di lavoro.
Chi si prende cura di un genitore anziano, un coniuge o un figlio con disabilità può chiedere la riduzione, anche in combinazione con permessi retribuiti ex Legge 104/1992.
Molti lavoratori adulti scelgono di formarsi ulteriormente, frequentando corsi universitari o professionali. La riduzione oraria può essere una soluzione per conciliare lavoro e studio.
Malattie croniche, riabilitazioni o trattamenti terapeutici sono valide motivazioni, purché certificate, per cui un lavoratore può avere bisogno di lavorare meno ore.
In un’epoca in cui la work-life balance è sempre più valorizzata, molti dipendenti chiedono la riduzione oraria anche solo per ridurre lo stress o aumentare la qualità della propria vita.
Come anticipato, la normativa italiana riconosce e tutela il diritto alla riduzione dell’orario, ma solo in determinati casi. I riferimenti principali sono:
Prevede il diritto alla riduzione fino al 50% dell’orario per i genitori di bambini fino a 12 anni.
Tutela chi assiste familiari con handicap grave, permettendo riduzioni o permessi.
Introduce congedi e riduzioni per motivi di formazione o cura di familiari.
Alcuni contratti prevedono clausole specifiche per la riduzione oraria. In questi casi, è fondamentale verificare le condizioni pattuite.
Tuttavia, fuori dai casi tutelati, la concessione della riduzione oraria è a discrezione dell’azienda, che può negare la riduzione dell’orario di lavoro se ci sono motivazioni concrete.
Negare la riduzione dell’orario di lavoro non significa agire in modo arbitrario o punitivo. È possibile solo se vi sono motivi organizzativi, economici o funzionali reali e documentabili. Ecco i principali:
Se il dipendente svolge un ruolo centrale e non può essere facilmente sostituito, l’azienda può rifiutare la riduzione.
Se la riduzione comporterebbe ritardi nelle consegne, blocchi nei processi o danni alla produzione, è giustificabile negare la richiesta.
Se altri membri del team hanno già riduzioni orarie o se la richiesta creerebbe disparità , è legittimo respingerla per tutelare l’equilibrio del gruppo.
In settori come sanità , sicurezza o trasporto pubblico, il rispetto degli orari è cruciale e ridurre la presenza di un dipendente può compromettere la continuità del servizio.
Se la riduzione oraria richiesta non è prevista dal contratto applicato o dalle policy interne, può essere rifiutata.
In aziende con personale già ridotto o carenze organizzative, l’assenza anche parziale di una risorsa può creare gravi disagi.
Anche se ci sono motivi validi per negare la riduzione dell’orario di lavoro, è fondamentale gestire la comunicazione con attenzione, per evitare malintesi, tensioni o contenziosi.
In caso di disaccordo, il dipendente può:
Per questo motivo, è fondamentale che il rifiuto sia giustificato, motivato e documentabile. Una gestione opaca o arbitraria può portare a cause legali, sanzioni o danni reputazionali.
Dal punto di vista legale, no: la richiesta deve sempre essere giustificata. Le principali motivazioni previste sono:
Al di fuori di questi casi, la riduzione può essere concessa a discrezione dell’azienda, ad esempio come benefit o misura di welfare. Tuttavia, non esiste un diritto automatico alla riduzione senza causa.
Se sei un responsabile HR o un manager, e ti trovi a valutare una richiesta di riduzione oraria, è importante considerare tutti gli elementi:
Analizza se l’attività può essere riorganizzata, se sono presenti risorse sostitutive o se l’assenza comprometterà gli obiettivi.
Valuta se accettare o rifiutare la richiesta può influire sul morale del team o sull’immagine interna dell’azienda.
Controlla che la decisione sia coerente con altri casi gestiti in passato e con i regolamenti interni.
Verifica di essere in regola con i vincoli previsti dalla normativa, per evitare rischi legali.
Prendere decisioni delicate come negare la riduzione dell’orario di lavoro richiede dati, trasparenza e organizzazione. Un buon software HR come Sesame HR può fare la differenza nella gestione di ferie e permessi.
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